IL NOSTRO TERRITORIO
Lambrusco – tra Tradizione e Territorio
Il Lambrusco, un vitigno antico, forte e generoso, ha conservato il vigore e la purezza dell’uva selvatica ed è stato in grado di liberarsi dal clima freddo e umido della bassa pianura e il più mite della collina.
Se è vero che ogni vino esprime il carattere del territorio in cui nasce e si sviluppa; è altrettanto vero che nessun vino riesce in questo arduo compito meglio del Lambrusco. E riuscire a raccontare lo spirito del popolo emiliano in un sol sorso non è cosa da poco.
Parlare di Lambrusco significa raccontare la storia di Modena, culla del nettare cara alla terra di Carducci in cui questo vino è diventato grande e conosciuto. I primi a poter vantare della DOC furono il Lambrusco di Sorbara, il Grasparossa di Castelvetro e Salamino di Santa Croce. Era il 1970 quando furono identificate le aree in cui i vini potevano essere prodotti, a cui fu aggiunta la IGT Emilia nel 1994. Nel 2009, infine, per ottenere la Denominazione di Origine Protetta fu il Lambrusco di Modena.
Dalla Rifermentazione in bottiglia al Metodo Classico
La tecnica con cui si iniziò a produrre il Lambrusco era molto simile a quel Méthod Champenoise che ha reso celebre lo Champagne. L’antico procedimento con cui si otteneva il Lambrusco, in verità, era analogo allo Champenoise solo in determinate fasi. La produzione del frizzante, infatti, non prevedeva quelle laboriose operazioni chiamate in francese remuage è degorgement, volte a separare la parte del vino limpido dai residui di fermentazione. Il risultato era un vino spesso torbido e meno commercializzabile soprattutto al di fuori dei confini regionali. L’avvento del Metodo Charmat ha permesso al Lambrusco di raggiungere ogni angolo del globo, creando una rivoluzione all’interno delle cantine che fino a buona parte degli anni cinquanta imbottigliava il Lambrusco alla luna di Marzo, come voleva la tradizione, dando via al processo di rifermentazione in bottiglia già descritto. Adesso la fermentazione avveniva in grandi autoclavi a tenuta di pressione e termocondizionate; non solo l’imbottigliamento poteva avvenire tutto il corso dell’anno, ed il prodotto ottenuto esprimeva tutti i caratteri tipici del vitigno da cui proveniva. Era limpido e offriva una costanza qualitativa irrinunciabile.
La cucina Modenese
Fragranti salumi, formaggi eccellenti tra cui il re, il Parmigiano Reggiano, che vede la zona di Modena al centro della tipica zona di produzione. Il nostro Parmigiano Reggiano viene utilizzato insieme al pesto con lardo tritato per riempire la tipica “crescentina” modenese. La Crescentina, più comunemente chiamata tigella, era l’antico pane di montagna, una sapiente miscela di farina, acqua, sale e lievito.
Con così tante deliziose specialità non possiamo dimenticare sua maestà il Tortellino, ormai apprezzato in tutto il mondo, caratterizzato dal gustoso “pesto” racchiuso da una sottile pasta a forma di uovo, abilmente manipolata per modellarla nella tradizionale forma tradizionale.
Esigono menzione i dolci tipici rappresentativi della tradizione, da secoli presenti sulle tavole dell’antico Ducato Estense. Tra questi citiamo dapprima i classici dessert appenninici, realizzati con farina di castagne che era la principale fonte di cibo per la popolazione durante i lunghi inverni: castagnaccio, ravioli ripieni di marmellata di castagne, ciacci dolci e poi scendendo verso la pianura, il classico, fragrante “Bensone”, un dolce che veniva tagliato a fette e spesso veniva gustato “pucciato” nel Lambrusco.